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Tumore al seno, più attenzione ai geni


Di tumore alla mammella si può guarire e la strada è quella genetica.



Quest'anno la Quinta Conferenza Europea (European Breast Cancer Conference) ha segnato il passo con le altre edizioni. Intanto, dopo ben 15 anni, la Presidenza del Congresso è toccata ad un chirurgo italiano, Alberto Costa, della Fondazione Maugeri di Pavia. Poi la presenza come mai prima di medici, infermieri e pazienti, quasi cinquemila presenze, in un avvicendarsi di messaggi forti.



"In Europa si ammala una donna su dieci, ma se c'è una sorella o una madre malate", sottolinea Costa, "allora la percentuale sale a una su cinque. Dobbiamo porre più attenzione alla predisposizione genetica oltre che al fattore ormonale. Il futuro prossimo è conoscere la "firma" del tumore. I geni coinvolti sono 72". La mappa genetica della neoplasia aiuterà gli oncologi a scegliere la migliore cura.



"L'individuazione dei geni è fondamentale nei casi con metastasi", spiega Francesco Cognetti, Direttore Scientifico dell'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, per questo è auspicabile la nascita di Banche dati genetiche".



Presentato da 4 tra le maggiori Associazioni di Pazienti che si occupano di tumore al seno, il "Nice manifesto" segnala sette traguardi da raggiungere. In testa, migliorare qualità e quantità dei programmi di screening in Europa. In due parole: chiamare le donne in qualunque modo e assicurare loro un buon esame mammografico. "Sopravvivenza e guarigioni sono in salita ma la malattia è in aumento, dobbiamo allargare capillarmente i programmi di screening", puntualizza Cognetti, "con la creazione di strutture dedicate; se le liste d'attesa sono un problema, bisognerà distinguere gli accessi: da una parte le pazienti in cura, dall'altra i controlli periodici delle donne sane".



Il tumore del seno è la prima causa di decesso femminile tra 35 e 44 anni, l'Italia è quarta con 36.634 casi dopo Germania, Francia e Inghilterra, ma aumentano i nuovi casi tra le giovani e il 30% di tutte le nuove diagnosi riguarda donne sopra i 65 anni. Dai 45 anni in giù, l'età resta un fattore di rischio indipendente, sembra che la giovinezza influisca più di ogni altro fattore sulla probabilità di sopravvivenza, come e quanto bisognerà indagarlo.



La malattia è guaribile. "Si tratta di decidere, magari un farmaco più tossico interferisce sulla qualità di vita per un periodo ma è più efficace", osserva Luca Gianni, ricercatore all'Istituto Tumori di Milano, "sapere se la terapia avrà o meno successo è il prossimo passo con test predittivi molecolari". Sempre più pazienti dopo l'intervento sono sottoposte a cure che tentano di bloccare eventuali ricadute, la cosiddetta terapia adiuvante. La scelta è tra inibitori delle aromatasi (letrozolo, anastrozolo, exemestone) nei tumori ormono-dipendenti che riducono il rischio di recidiva, taxani (taxotere, taxolo) adatti ai tumori sensibili alla chemio, sono gestiti sempre meglio e usati, come il docetaxel della Sanofi-Aventis, in combinazione con altri farmaci, ad esempio il trastuzumab, anticorpo monoclonale che nei tumori mammari con sovraespressione del recettore Her 2 dimezza il rischio di recidiva.



"La varietà terapeutica è una ricchezza", ragiona Paolo Pronzato, oncologo all'ospedale S'Andrea di La Spezia, "perché aiuta a valorizzare la donna". Tra qualche mese esce in inglese e francese, il primo dizionario del tumore al seno per medici: 3.000 termini e 1.200 concetti nuovi per esprimere angosce e timori.



10/04/2006

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